Pillole di benessere

L’INTESTINO E’ IL NOSTRO “SECONDO CERVELLO”

Quello che chiamiamo “secondo cervello” è l’intestino. Non è solo un tubo digerente: il nostro intestino ha un sistema nervoso autonomo chiamato sistema nervoso enterico (SNE), che contiene circa 100 milioni di neuroni, più di quelli presenti nel midollo spinale.

Ecco i punti principali:

1. Comunicazione con il cervello

L’intestino comunica con il cervello attraverso il nervo vago, ormoni e sostanze chimiche come la serotonina.

Circa il 90% della serotonina del corpo si trova nell’intestino, e influenza umore, appetito e sonno.

2. Sistema nervoso enterico (SNE)

Funziona autonomamente, regolando la digestione senza bisogno di comando diretto dal cervello.

Controlla movimenti intestinali, secrezioni digestive e flusso sanguigno locale.

3. Microbiota intestinale

I trilioni di batteri nell’intestino producono sostanze chimiche che influenzano il cervello, l’infiammazione e il sistema immunitario.

Ci sono evidenze che uno squilibrio del microbiota può influire su ansia, depressione e altre condizioni neurologiche.

4. “Secondo cervello” emotivo

Alcune sensazioni, come “nodi allo stomaco” o “farfalle nello stomaco”, “mal di pancia”, disturbi psicosomatici che riguardano stomaco e intestino, sono proprio segnali del secondo cervello che reagisce alle emozioni.

In pratica, l’intestino non è solo un organo digerente, ma un vero e proprio centro di controllo che comunica costantemente con il cervello principale.

AUTOFAGlA CEREBRALE… IL POTERE DEL CERVELLO DI RIPULIRSI, RINASCERE, RIGENERARE

di PATRIZIA COFFARO

C’è una parola poco conosciuta, ma fondamentale per chiunque voglia davvero prendersi cura della propria mente, ed è… autofagia cerebrale. È la capacità del cervello di auto-ripulirsi. Di eliminare ciò che è danneggiato, infiammato, vecchio o disfunzionale, per lasciare spazio a cellule nuove, funzionanti, attive. È la chiave nascosta per rigenerare il cervello e prevenire il declino cognitivo.

In questo post ti guiderò in un viaggio affascinante tra neuroplasticità, mitocondri, neuroinfiammazione, digiuno, alimentazione, saune, docce fredde e molto altro. Tutto con un unico obiettivo… aiutarti a capire come dare al tuo cervello la possibilità di guarire.

Per prima cosa, perché dobbiamo occuparci del cervello?

Il cervello è molto più di un organo, regola il battito cardiaco, l’equilibrio ormonale, il tono dell’umore, la memoria, il linguaggio, la digestione, il ritmo sonno-veglia, la percezione di sé. È il nostro software centrale. E come ogni software, può rallentare, andare in crash, intasarsi. Quando succede, spesso non ce ne accorgiamo subito, ci sentiamo stanchi, confusi, svogliati, sbadati. Ma dietro quei segnali “lievi” può esserci una degenerazione in corso.

AIzhelmer, Parklnson, demenza, encefaIopatie tossiche e neuroinfiammazione non compaiono da un giorno all’altro. Si costruiscono silenziosamente, per anni. Ma la scienza ha ormai dimostrato che molte di queste condizioni sono prevenibili. E spesso reversibili, se si agisce in tempo.

Come inizia la degenerazione del cervello?

Immagina il cervello come una metropoli iperattiva. Milioni di neuroni lavorano, trasmettono impulsi, creano connessioni. Ma per farlo hanno bisogno di ossigeno, glucosio, mitocondri efficienti e una buona manutenzione cellulare.

Con l’età, lo stress cronico, l’esposizione a tossine ambientali, una dieta infiammatoria e uno stile di vita sedentario, questa metropoli si sporca. I rifiuti si accumulano. Le strutture si logorano. Alcune cellule smettono di funzionare, altre impazziscono. Il cervello comincia a “infiammarsi”.

Il risultato? Si creano aggregati proteici anomali, come le famose placche beta-amiloidi dell’Alzheimer. I mitocondri si esauriscono, le connessioni sinaptiche si riducono e la lucidità mentale si appanna.

Il corpo non è un sistema passivo, ha un meccanismo straordinario per prevenire il collasso… l’autofagia.

Autofagia significa letteralmente “mangiare se stessi”. Ma non in senso distruttivo, è un processo di riciclo. La cellula si accorge che alcune sue parti sono danneggiate e le smonta (detto in parole povere). Riutilizza gli elementi buoni e smaltisce i rifiuti, così si rigenera.

Nel cervello, l’autofagia permette di eliminare neuroni malfunzionanti, placche tossiche, mitocondri esausti, proteine alterate. In cambio, si formano nuove cellule nervose (neurogenesi) e nuove sinapsi. È come dare al cervello una seconda giovinezza.

Il problema è che la vita moderna ci allontana da questo meccanismo prezioso. Cosa blocca l’autofagia?

– Lo zucchero eccessivo

– La sedentarietà

– Il sonno insufficiente

– Lo stress cronico

– I picchi glicemici

– L’infiammazione sistemica

– Le tossine ambientali (pesticidi, metalli, profumi sintetici)

– La disbiosi intestinale

Se vogliamo un cervello lucido, dobbiamo invertire questa tendenza. E la buona notizia è che si può fare, ogni giorno, con scelte consapevoli.

Ecco alcune strategie per attivare l’autofagia cerebrale:

  1. Dormi profondamente e con regolarità

Il cervello si ripulisce mentre dormiamo. Durante il sonno profondo, il sistema glinfatico elimina scorie tossiche. Dormire male o poco blocca questo sistema. Vai a letto sempre alla stessa ora, spegni gli schermi prima delle 22, usa cuscini comodi, luci soffuse e, se vuoi, oli essenziali come lavanda o camomilla romana.

  1. Pratica il digiuno intermittente

Il digiuno è uno dei modi più potenti per attivare l’autofagia. Anche un semplice schema 16:8 (16 ore di digiuno, 8 ore di finestra alimentare) aiuta a innescare il riciclo cellulare. Se sei già esperta/o, puoi provare il digiuno prolungato (24–48 ore) o la versione liquida con tisane, brodi, succhi verdi. Ma ricorda, il digiuno non è per tutti. Attenzione a chi soffre di crisi ipoglicemiche e stress surrenale.

  1. Mangia cibo vero, ricco di nutrienti

Elimina zuccheri raffinati, farine bianche, cibi confezionati. Nutri il cervello con grassi sani (olio EVO, avocado, cocco), proteine pulite (uova bio, pesce selvaggio), verdure a foglia verde, erbe antiossidanti (curcuma, rosmarino, zenzero), bacche, noci, semi e superfood come spirulina e cacao crudo.

  1. Fai esercizio fisico quotidianamente

Il movimento attiva la neurogenesi. Camminare, saltare, ballare, fare yoga, sollevare pesi, fare HIIT… tutto va bene, purché ti muova il corpo e il sangue circoli. Anche solo 30 minuti al giorno fanno la differenza.

  1. Entra in chetosi in modo ciclico

Una dieta a basso contenuto di carboidrati può stimolare i mitocondri e la produzione di chetoni, che sono carburante pulito per il cervello. Anche brevi cicli di chetogenica (3–5 giorni) possono attivare l’autofagia senza creare squilibri.

  1. Usa la sauna e la doccia fredda

Il calore attiva le “proteine da shock termico” che aiutano la cellula a rigenerarsi. La sauna a infrarossi è l’ideale, ma anche una sauna tradizionale seguita da una doccia fredda stimola la circolazione e l’eliminazione delle tossine.

  1. Sottoponiti a “stress buoni”

Il freddo (crioterapia, docce fredde) stimola la produzione di proteine da shock freddo, che promuovono la resilienza cellulare. Anche l’esercizio intenso, il digiuno e l’esposizione controllata al freddo attivano meccanismi di sopravvivenza potenzianti.

  1. Assumi erbe e nutrienti mirati

Alcuni principi attivi naturali potenziano l’autofagia cerebrale:

– Curcumina: antinfiammatoria, protegge i neuroni (che sia di qualità per non avere danni epatici)

– Resveratrolo: antiossidante, stimola i mitocondri

– Quercetina: modulatore immunitario

– Tè verde matcha: stimola la termogenesi e la pulizia cellulare

– Rosmarino e salvia: tonificano il sistema nervoso

  1. Regola lo stress emotivo

Lo stress cronico crea neuroinfiammazione. Prenditi cura della tua mente con meditazione, preghiera, journaling, tecniche di respirazione, natura, relazioni nutrienti. Il sistema nervoso parasimpatico è il guardiano silenzioso dell’autofagia.

  1. Sfrutta la luce solare.

La luce solare migliora la funzione mitocondriale. Anche esporsi al sole al mattino migliora l’umore e il ritmo circadiano

Il cervello puo rogenerarsi? Sì. Oggi sappiamo che il cervello non è statico. Ogni giorno, nel nostro ippocampo, nascono nuovi neuroni. Questo processo si chiama neurogenesi, ma perché avvenga, servono tre cose:

  1. Stimoli positivi
  1. Nutrienti adeguati
  1. Un ambiente interno privo di infiammazione

Ecco perché la sinergia tra sonno, alimentazione, esercizio, emozioni e detossinazione è così importante. Non esiste una pillola magica. Ma esiste una routine magica, fatta di abitudini quotidiane.

Il cervello non ha bisogno solo di stimoli. Ha bisogno di spazio. Spazio per liberarsi dal vecchio e rinascere nel nuovo. L’autofagia cerebrale è il meccanismo che lo rende possibile.  Attivarla non è difficile, richiede costanza, consapevolezza, amore per se stessi. Un sonno profondo, un pasto nutriente, una passeggiata al sole, una risata sincera, una doccia fredda, una tisana con rosmarino… sono medicine quotidiane per la mente.

Non aspettare il burnout, la demenza, il crollo cognitivo. Inizia oggi, fallo per la tua memoria, per la tua lucidità, per la tua identità. Fallo perché meriti un cervello pulito, forte, vivo.

Patrizia Coffaro

𝗜𝗹 𝗡𝗲𝗿𝘃𝗼 𝗩𝗮𝗴𝗼: 𝗶𝗹 𝗳𝗶𝗹𝗼 𝗶𝗻𝘃𝗶𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗲𝗺𝗼𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶, 𝗽𝗮𝗻𝗰𝗶𝗮 𝗲 𝗽𝗼𝘀𝘁𝘂𝗿𝗮.

Dott. Gianfranco Mendico

Immagina un 𝗳𝗶𝗹𝗼 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗶𝗹𝗶𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼, nascosto, che attraversa il tuo corpo 𝗱𝗮𝗹 𝗰𝗲𝗿𝘃𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝘃𝗶𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲.

Non è un filo qualunque: è 𝗶𝗹 𝗻𝗲𝗿𝘃𝗼 𝘃𝗮𝗴𝗼, 𝗶𝗹 𝗱𝗲𝗰𝗶𝗺𝗼 𝗻𝗲𝗿𝘃𝗼 𝗰𝗿𝗮𝗻𝗶𝗰𝗼, custode silenzioso di equilibrio e benessere.

Il suo nome deriva dal latino vagare, “andare in giro”, perché 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗲𝗴𝘂𝗲 𝘂𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗹𝗶𝗻𝗲𝗮𝗿𝗲: si insinua in 𝗴𝗼𝗹𝗮, 𝗰𝘂𝗼𝗿𝗲, 𝗽𝗼𝗹𝗺𝗼𝗻𝗶, 𝗱𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮, 𝘀𝘁𝗼𝗺𝗮𝗰𝗼 𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗼, portando 𝗺𝗲𝘀𝘀𝗮𝗴𝗴𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗶 𝗮𝘃𝗮𝗻𝘁𝗶 𝗲 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗲𝘁𝗿𝗼.

𝗜𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱’𝗼𝗿𝗰𝗵𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗺𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗮𝘀𝗶𝗺𝗽𝗮𝘁𝗶𝗰𝗼

Il nervo vago è la 𝘃𝗶𝗮 𝗺𝗮𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗺𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗮𝘀𝗶𝗺𝗽𝗮𝘁𝗶𝗰𝗼, quella parte del sistema nervoso che 𝗿𝗮𝗹𝗹𝗲𝗻𝘁𝗮, 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝗱𝗲 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗮𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗿𝘀𝗶.

Quando è in salute, 𝗮𝗯𝗯𝗮𝘀𝘀𝗮 𝗶𝗹 𝗯𝗮𝘁𝘁𝗶𝘁𝗼, 𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼𝗿𝗮 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗴𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗿𝗶𝗹𝗮𝘀𝘀𝗮 𝗶 𝗺𝘂𝘀𝗰𝗼𝗹𝗶, 𝗰𝗮𝗹𝗺𝗮 𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲.

Quando è “𝗯𝗹𝗼𝗰𝗰𝗮𝘁𝗼” 𝗼 𝗶𝗽𝗼𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗼, il corpo resta in uno 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗿𝘁𝗮 𝗰𝗿𝗼𝗻𝗶𝗰𝗮: 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗶𝗿𝗼 𝗰𝗼𝗿𝘁𝗼, 𝗱𝗶𝗴𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗹𝗲𝗻𝘁𝗮, 𝗺𝘂𝘀𝗰𝗼𝗹𝗶 𝗿𝗶𝗴𝗶𝗱𝗶, 𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗶𝗹𝗲.

𝗘𝗺𝗼𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗲 𝘃𝗶𝘀𝗰𝗲𝗿𝗲: 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝗮𝗹𝗼𝗴𝗼 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗼sto

Oltre l’𝟴𝟬% 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗳𝗶𝗯𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗻𝗲𝗿𝘃𝗼 𝘃𝗮𝗴𝗼 portano 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗮𝗶 𝘃𝗶𝘀𝗰𝗲𝗿𝗶 𝗮𝗹 𝗰𝗲𝗿𝘃𝗲𝗹𝗹𝗼, non il contrario.

Significa che 𝗹𝗮 𝘁𝘂𝗮 𝗽𝗮𝗻𝗰𝗶𝗮 “𝗽𝗮𝗿𝗹𝗮” 𝗮𝗹 𝗰𝗲𝗿𝘃𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗽𝗶ù 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝗲𝗿𝘃𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗶 𝗮 𝗹𝗲𝗶.

Ecco perché 𝘂𝗻’𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮 𝗽𝘂ò 𝗱𝗮𝗿𝗲 𝗺𝗮𝗹 𝗱𝗶 𝘀𝘁𝗼𝗺𝗮𝗰𝗼… 𝗲 𝘂𝗻 𝗰𝗼𝗹𝗼𝗻 𝗶𝗿𝗿𝗶𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗽𝘂ò 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗻𝘀𝗶𝗮.

𝗣𝗮𝘂𝗿𝗮 𝗲 𝘀𝘁𝗼𝗺𝗮𝗰𝗼: svuotamento gastrico bloccato, “𝗻𝗼𝗱𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗯𝗼𝗰𝗰𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗼𝗺𝗮𝗰𝗼”.

𝗥𝗮𝗯𝗯𝗶𝗮 𝗲 𝗳𝗲𝗴𝗮𝘁𝗼: tensione costale, respiro corto, rigidità diaframmatica.

𝗧𝗿𝗶𝘀𝘁𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗼: rallentamento del transito, sensazione di peso.

𝗣𝗼𝘀𝘁𝘂𝗿𝗮: 𝗶𝗹 𝗿𝗶𝗳𝗹𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗼𝗿𝗲𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗲𝗺𝗼𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶

Quando il nervo vago è sotto stress, 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗱𝗲 𝗲𝗹𝗮𝘀𝘁𝗶𝗰𝗶𝘁à, 𝗶𝗹 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗶𝗿𝗼 𝘀𝗶 𝗿𝗶𝗱𝘂𝗰𝗲 e 𝗶𝗹 𝘁𝗼𝗿𝗮𝗰𝗲 𝘀𝗶 𝗶𝗿𝗿𝗶𝗴𝗶𝗱𝗶𝘀𝗰𝗲.

Questo porta a una 𝗽𝗼𝘀𝘁𝘂𝗿𝗮 “𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲”: spalle in avanti, sterno chiuso, collo proteso.

Una postura che 𝗺𝗮𝗻𝘁𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗶𝗹 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗼 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗮𝗹𝗶𝘁à 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗿𝘁𝗮, alimentando 𝗶𝗹 𝗰𝗶𝗿𝗰𝗼𝗹𝗼 𝘃𝗶𝘇𝗶𝗼𝘀𝗼 𝘁𝗿𝗮 𝘁𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗳𝗶𝘀𝗶𝗰𝗮 𝗲𝗱 𝗲𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗮.

AUTOAFFERMAZIONE

L’autoaffermazione primaria è una tendenza naturale, e che entro certi limiti può esser considerata necessaria dell’essere umano. È il far valere quello che uno è (o che crede di essere!), quello che uno ha, le proprie qualità e i propri talenti. L’autoaffermazione secondaria generalmente si manifesta come ipercompensazione, cioè l’andare all’eccesso per controbilanciare una deficienza. L’autoaffermazione, se non trova opposizioni e ostacoli, non ha bisogno di essere combattiva.

L’ostilità e la combattività secondarie sono invece di natura psicologica, e sono più complesse. Generalmente sono la reazione a reali o presunte ingiustizie subite. Sono frequentissime perché – dato il fondamentale egocentrismo che c’è, in varia misura, in tutti noi – si tende a considerare ingiusto quello che non ci piace, che non è favorevole a noi, anche se non è realmente ingiusto. Ma vi è di più: vi è il meccanismo psicologico della proiezione, per opera del quale noi proiettiamo sugli altri gli stati d’animo, gli impulsi che sono in noi. Quindi chi ha una tendenza ostile verso gli altri (tanto più se non la riconosce), la proietta su di essi, cioè crede che essi siano ostili a lui, e questo crea un circolo vizioso.

Roberto Assagioli

L’empatia è una delle poche magie reali che ci restano in un mondo che spesso si dimentica come si ascolta davvero. È la capacità rara di sentire l’altro senza che l’altro debba spiegarsi fino in fondo. Non è semplice compassione, non è solo gentilezza. È qualcosa di più sottile, più profondo: è un’adesione interiore, un movimento silenzioso dell’anima verso la storia altrui.

Mettersi nei panni degli altri non significa solo immaginare il loro dolore o la loro gioia. Significa, anche solo per un istante, spogliarsi del proprio ego, mettere in pausa i giudizi, e guardare il mondo con occhi che non sono i propri. È un atto rivoluzionario perché ci impone di andare oltre noi stessi. Ci ricorda che non siamo isole, ma continenti che si sfiorano.

L’empatia è una delle forme più alte di intelligenza, perché non ha a che fare solo con il comprendere, ma con il sentire con lucidità. È l’incontro tra cuore e mente. Non serve un vocabolario raffinato per essere empatici, ma serve presenza. Serve il coraggio di non distogliere lo sguardo dal dolore, di non minimizzare la sofferenza altrui solo perché non ci tocca direttamente.

Chi è davvero empatico non ha bisogno di grandi gesti. A volte basta un silenzio che accoglie, una frase sussurrata al momento giusto, uno sguardo che dice “ti capisco, anche se non ho vissuto la tua stessa storia”. È in questi frammenti che si misura il grado di umanità di una persona.

Viviamo in un’epoca in cui tutto si misura, tutto si quantifica. Eppure, l’empatia sfugge a ogni calcolo. È impalpabile, ma quando c’è, si sente con forza. È ciò che ci salva dall’indifferenza, ciò che ci ricorda che, in fondo, siamo tutti fatti della stessa fragile materia emotiva.

Chi sa provare empatia, anche solo per un momento, ha già fatto un passo verso un mondo più vero, più giusto, più umano. Perché l’empatia, in fin dei conti, non cambia solo il modo in cui vediamo gli altri. Cambia profondamente anche noi.

EMPATIA

Sigmund Freud ha messo più volte in luce la centralità del corpo nella costruzione del mondo psichico. Questa inscindibilità della mente dal corpo era stata sostenuta secoli prima da Spinoza e ha trovato nel Novecento importanti conferme in campo fi losofico da parte di Merleau-Ponty e in seguito grazie al contributo di psicoanalisti come Daniel Stern. Oggi questa ipotesi è stata confermata da ricerche che hanno esplorato le dinamiche corporee nello sviluppo infantile, dalla gravidanza ai primi anni di vita, e che hanno trovato ulteriori evidenze negli studi delle neuroscienze. Azione e percezione sono processi intimamente legati nel cervello e le ricerche sul ruolo del sistema motorio nella costruzione della mente relazionale rinforzano la visione d’inscindibilità tra mente e corpo. Anche in campo clinico, la terapia della parola, che ha fondato la cura psicoanalitica, si è modificata valorizzando le comunicazioni preverbali ed extraverbali intrecciate con il corpo, che ne hanno ampliato lo scenario relazionale. Il libro esplora questi nuovi ambiti della ricerca in campo infantile e neurobiologico, per poi prendere in considerazione le implicazioni cliniche. Prefazione di Lynne Murray.

Centro di psicologia e psicoterapia funzionale trentino - non sono fatto così

Attenzione agli analisti o psicoterapeuti che propongono “metodi” ancor prima della loro “personalità” (l’unica che cura e trasforma)

Scrive Aldo Carotenuto:
“La liberazione del paziente passa necessariamente attraverso la libertà del terapeuta: un analista che si limita a usare determinate tecniche in modo acritico e impersonale, che non se la sente di rischiare del proprio sia sul piano creativo che su quello dei sentimenti e delle emozioni, non può dare quello che non ha, non può aiutare nessuno a conquistare la libertà, perché lui stesso non è libero.”

📙 Aldo Carotenuto – La Colomba di Kant, p.73 ➡ https://amzn.to/3OSqIrH

NEURODIVERGENTE

Neurodivergente” è un termine che si riferisce a persone il cui funzionamento neurologico si discosta da ciò che viene considerato tipico o “neurotipico”. In altre parole, il cervello di una persona neurodivergente elabora informazioni, pensa, sente e si comporta in modo diverso rispetto alla maggioranza della popolazione. Questo termine non implica una patologia, ma piuttosto una variazione naturale nel funzionamento del cervello.
Il concetto di neurodivergenza è strettamente legato alla neurodiversità, che sottolinea la normale variabilità nel modo in cui i cervelli umani funzionano. Non si tratta di una condizione da “correggere” o curare, ma di una differenza da accogliere e comprendere.
Esempi di neurodivergenze includono:
Disturbo dello spettro autistico (DSA): caratterizzato da variazioni nella comunicazione sociale, interazione e interessi ristretti e ripetitivi.
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD): caratterizzato da difficoltà di attenzione, iperattività e impulsività.
Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA): come dislessia, discalculia e disgrafia, che influenzano la lettura, la scrittura e il calcolo.
Sindrome di Tourette: caratterizzata da tic motori e vocali.
Altre condizioni: come plusdotazione, che può presentare sfide e punti di forza unici.
Invece di essere considerate “anomalie”, le neurodivergenze possono portare a punti di forza, talenti e prospettive uniche. Il riconoscimento e l’accettazione della neurodivergenza sono fondamentali per creare una società più inclusiva e accogliente..

Fonte: Facebook – Roberta Giusti

https://www.facebook.com/share/1CUQTKLyAC/

IL RISULTATO DELL’ECCESSO DI STIMOLI NEI BAMBINI SECONDO UMBERTO GALIMBERTI

Umberto Galimberti in occasione dell’evento “Dialoghi sull’anima dell’educazione”, discute il risultato dell’eccesso di stimoli nei bambini e negli adolescenti.

Fonte: Facebook

🔵 Overthinking: quando il pensiero eccessivo ostacola il benessere.

Il termine overthinking, o “pensiero eccessivo”, indica uno stile cognitivo caratterizzato da un’attività mentale continua e spesso non produttiva.

Si riscontra frequentemente nei disturbi d’ansia, in cui l’incertezza attiva un meccanismo di analisi ripetuta, che non porta a soluzioni ma incrementa dubbi e scenari ipotetici.

Il pensiero, anziché essere orientato alla risoluzione, si concentra sul problema e mantiene uno stato di allerta costante.

Tra le conseguenze più comuni:
➡ Stress
➡ Difficoltà del sonno
➡ Ridotta attenzione
➡ Blocchi decisionali

È importante saper distinguere tra riflessione utile e pensiero disfunzionale.
Osservare i propri pensieri, riconoscere i fattori scatenanti e intervenire in modo consapevole può contribuire a prevenire condizioni di disagio più strutturate.

Quando il pensiero diventa fonte di malessere, il confronto con un professionista può essere un passo fondamentale per il benessere psicologico.

COME FUNZIONA IL CERVELLO

Conoscere il funzionamento del cervello, alla luce delle recenti scoperte delle neuroscienze, è fondamentale per educare con consapevolezza, in particolare nella prima infanzia.
Immaginiamo il nostro cervello come una casa a tre piani. Ogni piano rappresenta una fase evolutiva della nostra specie e del nostro sviluppo individuale:

🧠 1. Cervello Antico – Rettiliano
È il piano più “basso” e primitivo, presente e già maturo alla nascita. Governa gli istinti, l’intuito, la percezione sensoriale e tutte le funzioni vitali (respiro, battito cardiaco, digestione…). È qui che risiede la neurocezione, un processo inconscio descritto dalla Teoria Polivagale di Stephen Porges, che ci permette di percepire inconsapevolmente se un ambiente o una relazione è sicura o minacciosa.
Questo sistema guida il neonato verso comportamenti istintivi fondamentali: aggrapparsi, cercare il capezzolo, cercare prossimità e contatto. Tutto per un unico scopo: sentirsi al sicuro.

💓 2. Cervello Emotivo – Sistema Limbico
È il centro delle emozioni e delle relazioni affettive. Anche se nasce immaturo, è già funzionante e si sviluppa nel tempo attraverso l’interazione con l’ambiente. Le emozioni, in questa fase, sono il primo linguaggio del bambino: segnalano bisogni, attirano attenzione, creano connessioni.
Quando il bambino riceve prossimità, rassicurazione e risposte affettive, il suo sistema limbico registra esperienze di benessere e sicurezza. Il volto si distende, compare il sorriso, lo sguardo si fa limpido: è l’inizio del legame e della comunicazione autentica.

🌟 3. Cervello Razionale – Neocorteccia
È la parte più recente ed evoluta. Qui risiedono le funzioni cognitive superiori: pensiero astratto, riflessione, coscienza, linguaggio interiore, regolazione emotiva consapevole, capacità di pianificazione e di metacognizione.
Alla nascita, la neocorteccia è ancora immaturo e inizia a essere davvero operativa solo intorno ai 7/8 anni. Raggiunge la sua piena maturazione tra i 23 e i 25 anni.

🌈 Alla luce di questa organizzazione cerebrale, è facile comprendere quanto sia importante, nella fascia 0-6 anni, educare con empatia e presenza.
Ciò significa:
• creare relazioni accoglienti e sicure che prevedano pochi e coerenti limiti
• offrire contatto affettivo, ascolto autentico e attenzione ai bisogni
• adottare una comunicazione empatica e non giudicante
• favorire l’educazione emotiva attraverso l’esempio e la co-regolazione
• osservare senza invadere, accompagnare senza forzare

🔴 ATTENZIONE: cosa non aspettarsi da un bambino /a

❌ Controllo razionale delle emozioni
❌ Riflessione sulle proprie azioni (pensare a ciò che si è fatto)
❌ Intenzionalità nell’agire con “cattiveria”
❌ Comprensione del tempo cronologico e delle conseguenze a lungo termine
Queste competenze emergono solo dopo i 7/8 anni, quando la neocorteccia comincia ad avere un ruolo più attivo.

Fonti:
Facebook – Atelier della Pedagogista

IL SISTEMA NERVOSO ENTERICO

Nelle profondità dell’addome c’è un sistema nervoso completo, noto come sistema nervoso enterico. Contiene più di 100 milioni di neuroni, più del midollo spinale e più del cervello di molti piccoli animali, come un gatto o un topo.

Questo “secondo cervello” non solo gestisce la digestione, ma produce anche il 90% della serotonina del tuo corpo, il neurotrasmettitore del benessere.

Inoltre, comunica con il suo cervello reale attraverso il nervo vago, influenzando il suo umore, le sue scelte e il suo intuito.

Ecco perché sentiamo le farfalle quando siamo innamorati o noi quando abbiamo paura.
Il tuo stomaco non solo digerisce… pensa, decide e sente.

Abbiamo portato un cervello nascosto nella pancia … e lo sentiamo raramente. “

Fonti:
Michael Gershon, il secondo cervello
Scientific American, “Il cervello nel tuo intestino”
La natura valuta le neuroscienze, “Comunicazione intestino-cervello”
Via Stoic Man
Condiviso da Rhodia Flores

L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI DEGLI STUDENTI

LA PULIZIA DEL CERVELLO DURANTE IL SONNO

Il cervello è un organo composto da 100 miliardi di neuroni e un numero incalcolabile di connessioni, riceve il sangue che trasporta le molecole alimentari che abbiamo introdotto con la cena e con il dopo cena. Porta ossigeno: il principale nutriente del nostro cervello.
Le molecole alimentari e respiratorie (ossigeno) passano dal sangue all’interno del cervello per nutrire i 100 miliardi di neuroni costituenti la massa cerebrale cranica.
La vita cellulare dei neuroni produce scorie, prodotti di scarto che devono essere rimossi per garantire la vitale efficienza dell’ intero organo cervello.
Cioè occorre un sistema capace di fare pulizia nel cervello e portare via le scorie metaboliche dalla massa cerebrale.
Si attiva il sistema glinfatico. Il cervello è sospeso su un liquido particolare: si chiama liquor.

LA PULIZIA DEL CERVELLO
Il sistema GLINFATICO, è così definito perché fa riferimento
– alla GLIA, particolare struttura del cervello composta da cellule in grado di assicurare la funzione nutritiva e il sostegno per i neuroni cerebrali,
– al LINFATICO: drenaggio di scorie metaboliche dei neuroni. Cioè il sistema glinfatico controlla la nutrizione e la rimozione dei prodotti di scarto dei neuroni.
Cioè un sistema vitale per la nostra salute cerebrale e psichica.
IL termine glinfatico è stato coniato dalla neuroscienziata danese Maiken Nedergaard.
Il Sistema Glinfatico del nostro cervello sembra avere la fondamentale funzione di trasportare le proteine di scarto, soprattutto durante il sonno. In un giorno il sistema glinfatico elimina 7 grammi di proteine dal nostro cervello, in un mese 250 grammi e in un anno, l’intero peso dell’encefalo (1400 grammi ). Durante il sonno, le dimensioni, e l’efficienza del sistema glinfatico aumentano del 50%.

Il sonno libera il cervello dalle molecole di scarto, dai residui biochimici che si sono formati durante il periodo da svegli. Non dormire almeno 5 ore oppure russare durante tutta la notte predispone ad una decadenza cognitiva cerebrale.
Il sonno rappresenta un meccanismo fisiologico durante il quale il nostro corpo si rigenera e si riorganizza: i prodotti di scarto del metabolismo cellulare vengono eliminati favorendo così il ripristino delle energie fisiche e psichiche. La qualità del sonno diminuisce con l’avanzamento dell’età e, ad oggi, è riconosciuto come i disturbi del sonno rappresentino un fattore di rischio nello sviluppo di patologie come demenza e altre malattie neurodegenerative.

CONCLUSIONE:

Il nostro cervello, attraverso un proprio sistema di drenaggio linfatico, il sistema glinfatico, durante il sonno riesce a smaltire i prodotti di scarto del metabolismo proteico; con il passare dell’età va però incontro a deterioramento, ciò suggerisce una relazione tra disturbi del sonno e una progressione verso le malattie neurodegenerative.

PROBLEMI DI CORTISOLO

Cortisolo e stress

DANIELA LUCANGELI

 Scienza Servizievole in Conferenza: frammenti per riflettere.

Intelligenza Emozionale Connettersi con i propri figli.

Qdpnews

DANIELE NOVARA SUGLI ADOLESCENTI

Condivido con voi una riflessione: i nostri adolescenti non hanno bisogno di nuovi posti letto nei reparti psichiatrici ma necessitano di normalità, di veder riconosciuto il diritto a vivere questa fase della loro vita per quella che è.
Certamente sono particolarmente immaturi, ma tutto ciò che a noi sembra un «malfunzionamento», costituisce la normalità dell’adolescenza: essere distratti e disordinati, avere uno scarso senso del pericolo così come dell’autorità, la tendenza a cercare il piacere piuttosto che il dovere, la difficoltà nel sintonizzarsi con gli aspetti reali della vita o la supponenza di poter fare più cose contemporaneamente senza poi farle bene, lo spostamento del ritmo circadiano della notte.
Un adolescente in conflitto e in perenne allontanamento dai suoi genitori e dalle figure adulte non solo è normale, ma assolutamente auspicabile.
In altre parole, queste forme consentono di stabilire una propria ricerca di autonomia rispetto, da un lato, alla dipendenza infantile appena terminata e, dall’altro, al mondo adulto che tende a inglobare.
Aggredire medicalmente e psichiatricamente sugli elementi che più li caratterizzano appare un atto di profonda intolleranza nei loro confronti. La psichiatria chiaramente dev’essere utilizzata come strumento di intervento nelle situazioni effettivamente gravi ma la divergenza adolescenziale va semplicemente accettata perché questa loro forza e questa loro creatività consentono il rinnovamento della società e il suo sviluppo.

riferimenti: fonte Facebook

LA RUOTA DELLE EMOZIONI

Il corpo non mente

Wilhelm Reich osservò che le persone con problemi emotivi e psicologici avevano anche tensioni croniche nei muscoli (in realtà nel tessuto connettivo).

Ulteriori indagini lo hanno portato alla scoperta che tutto ciò riguardava il sistema nervoso autonomo (vegetativo).

La tensione cronica e il dolore possono essere riportati all’incapacità di regolare spontaneamente il sistema nervoso simpatico (che incoraggia la lotta e la fuga quando minacciato).

Il corrolarium ha a che fare con il sistema nervoso parasimpatico. Quando il sistema nervoso simpatico porta alla tensione (“stretching for action”), il sistema nervoso parasimpatico ha a che fare con rilassamento e espansione. Nella misura in cui la contrazione viene tradotta dal sistema come ‘sicuro’, espansione (fidarsi della vita, affrontare l’ignoto, provare cose… ) sempre più tradotto come “non sicuro”.

La contrazione è il meccanismo dietro il dolore; l’espansione è il meccanismo dietro il piacere.

Il flusso naturale di energia vitale nel corpo è vissuto come piacevole. È ciò che identifichiamo come vitale, vivo.

Questo è FLOW. Proprio come il flusso naturale della vita viene interrotto dalla contrazione del tessuto connettivo, diminuisce anche la capacità di divertimento e avventura.

Infatti, divertimento/avventura/lasciarsi andare viene sempre più inconsciamente rifiutato come insicuro.

Studio Psicologia CFT

Il Reich ha scoperto che lo stato di flusso energetico nel corpo è quindi più fondamentale per la condizione dell’organismo umano rispetto ai pensieri ed alle emozioni. Chi è depresso, ad esempio, non può cambiare il suo (suo) stato emotivo pensando a pensieri positivi. Lui (lei) deve cambiare il suo (suo) stato energetico. Il resto verrà da sé.

Il problema centrale dei problemi comportamentali e di salute è la somma di tutte le interruzioni del libero flusso di energia (energia spontanea) nel corpo.

Senza capire il corpo come ecosistema bioenergetico, solo secondario, terziario, ecc. le cause su cui si lavora…

È la resistenza cronica nell’organismo che contiene le cause primarie della disarmonia PERCHÉ – con crescente resistenza all’energia vitale intelligente – diminuisce con grandi salti la CAPACITÀ AUTOORGANIZZANTE dell’ecosistema umano.

Gli interventi sempre più “esterni” sono (apparentemente) necessari, ma non risolvono mai il problema fondamentale: l’interruzione dell’ecosistema auto-organizzatore.

Qual è lo scopo di imparare a lasciare andare la resistenza? Sta ripristinando il nostro stato di flusso naturale (e quindi la nostra spontaneità, vitalità, creatività, entusiasmo di vita, ecc)! “In resistenza” è “fuori flusso”. “In resistenza” è “fuori connessione”. “In flusso” è “in connessione”. Zodus…

Riferimenti: https://lerenloslaten.com/

In tema di valutazione a scuola…

Ci tengo a chiarire un punto: a scuola, la valutazione è un diritto assoluto e inequivocabile di ogni alunno, che deve poter conoscere i suoi progressi e lo stato della sua crescita.

Ciò che io e molti altri pedagogisti diciamo da anni non riguarda l’abbandono della valutazione in quanto tale ma la modalità con cui essa viene effettuata: l’uso dei voti numerici è una pratica puramente inerziale, uno strascico del passato che non ha alcuna base scientifica.

Una giusta modalità di valutazione, come ci insegna anche Maria Montessori, deve superare la cristallizzazione e la misteriosità che i numeri generano. Un 4 come un 8 sono fotografie di un momento che non tengono conto del percorso e che non spiegano assolutamente nulla. Con uno strumento inerte e muto viene valutata una situazione che è plastica e mobile, creando quindi un cortocircuito di cui fanno le spese gli alunni.

Come affermano praticamente tutti i pedagogisti, servono metodi di valutazione parlanti, in grado di specificare cosa l’alunno ha imparato e cosa deve migliorare nel suo percorso di apprendimento.

Io credo che la valutazione evolutiva possa essere una soluzione, uno strumento in grado di valutare i progressi e non gli errori, la capacità di progredire rispetto a un punto di partenza piuttosto che la registrazione comparativa delle performance tra i vari alunni.

Infine, sfatiamo un mito: la valutazione evolutiva non porta pigrizia ma, anzi, è uno dei migliori metodi per evitarla perché costringe tutti a tirar fuori il meglio di sé, a progredire, a dare il massimo senza accontentarsi di aver raggiungo un certo numero. La valutazione evolutiva permette una valutazione rigorosa, efficace, evitando che alcuni alunni vivano di rendita e incoraggiando i miglioramenti reali.

Daniele Novara

Problemi di Stress e Mancanza del sonno - soluzione

Il CONFINE:

un interessante articolo dall’ Istituto di Gestalt HCC Italy.

Dott.ssa Daniela Lucangeli: Scienza Servizievole in Conferenza.

La relazione è una condizione di esistenza, è la caratteristica principale dell’essere uomo nel mondo.
E mi piace molto che addirittura dalla biologia comincino ad emergere dei dati che la sostengono: il professor Rizzolatti, fisiologo di Parma, ha mostrato che esistono i neuroni specchio e mentre io mi avvicino a uno di voi si attivano per cercare di mettermi in sintonia con voi.
Esistono neuroni nel nostro cervello che non riguardano l’io, ma il noi e che non si attivano se non c’è la relazione, che è una condizione fondamentale per vivere.
Fragilità nella famiglia La fragilità comincia a coniugare io e tu, a formare il più piccolo tra i noi, la coppia, ma c’è una fragilità che si allarga nella famiglia, che ha aperto la porta della fragilità nella famiglia.
Molte famiglie sono rovinate dal potere, e da una male intesa posizione dei ruoli che vengono visti gerarchicamente e non come modalità di esercizio della propria fragilità, che vuol dire io ho bisogno di te.
Questo è il nocciolo principale del grande tema della famiglia. La famiglia come una piccola orchestra, un trio, un quartetto d’archi dove ciascuno deve sapere suonare bene uno strumento, il violino, la viola, il contrabbasso, ma per far sortire una sonata, per realizzare la composizione che è scritta nella partitura dal compositore, serve che quegli strumenti si mettano insieme e siano armonizzati.
Occorre che ogni orchestrale conosca perfettamente lo strumento che suona, che sappia tirare fuori una grande varietà di suoni, ma la famiglia la si valuta dall’insieme, non si identifica con il violino, ma nell’insieme: bisogna che appena termina il violino, entri subito, in sintonia o in contrappunto, la viola. Il violino in un trio di Mozart ha bisogno della viola.
La sonata che è stata programmata, che è stata composta ha bisogno di tutti e tre i suonatori.
Non c’è appiattimento nell’insieme, bisogna che gli strumenti rendano al massimo,però è la loro integrazione a caratterizzare la famiglia.
E la famiglia è tenuta insieme dalla fragilità.

Prof. Vittorino  Andreoli

I Valori sono tutto ciò che ci guida e ci orienta nella vita..sono le direzioni che vogliamo prendere, le cose importanti che sentiamo e riconosciamo, ciò che restituisce senso e interezza alla persona.

Per questo è fondamentale ricordarci che i Valori sono il collante e la base su cui si costruiscono le relazioni.

L’ONDA DEL RESPIRO CALMANTE

Sequenza sul Respiro e Benessere

(dott.ssa Ilenia Andreolli)